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al testo di Glauco Ballantini
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Condannata alla catastrofe per difetti di costruzione dovuti ai materiali di poca qualità che vennero impiegati e dalla fretta di recuperare i ritardi che si erano accumulati, la diga del Gleno fu il primo disastro legato alla costruzione di dighe in Italia. Doveva essere una diga a gravità e diventò una diga ad archi multipli nata su una diga a gravità. Nel 1921 l'Ing. Lombardo del Genio Civile incaricato di un controllo, eseguì un sopralluogo al cantiere constatando con sorpresa che la tipologia costruttiva della diga a progetto, cioè a gravità (lo sbarramento che si oppone alla spinta del lago grazie al suo peso), era stato cambiata in corso d'opera in una diga ad archi multipli (struttura in grado di trasferire alle rocce di fondazione le spinte del lago). Le dighe ad archi multipli presupponevano un ottimo terreno d'appoggio poiché le volte che hanno la funzione di trasmettere gli elevati carichi alle fondazioni devono essere incastonate in roccia compatta ed integra. Undici arcate furono appoggiate direttamente sulla base a gravità inizialmente costruita, fatta con materiali scadenti e senza troppa cura. Si creò una pericolosissima discontinuità strutturale ed i materiali erano così scarsi che fino dalla costruzione della base della diga perduravano infiltrazioni di acqua che i costruttori non riuscivano a tamponare; il calcestruzzo che aveva sostituito la roccia alla base era in realtà scadente, l'armatura non era fatta bene ed al posto dei tondini in ferro era stato messo materiale di recupero. Una serie di cialtronerie legate alla necessità di risparmiare tempo e denaro. Il primo dicembre del 1923 a seguito di forti piogge l'invaso si riempì di acqua che non fu possibile alleggerire cosicché l'acqua che stramazzò dagli sfioratori della diga completò l'opera di demolizione delle fondamenta, già compromesse dalle infiltrazioni, facendo perdere resistenza al tampone e gli archi centrali, sopra di esso, si aprirono e cedettero aprendo la diga che sommerse paesi persone e animali. 359 morti ufficiali. Seguirono i disastri della diga di Molare, poi il Vajont e la val di Stava. |
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